di Giovan Giuseppe Marino. La festa di S.Anna era uno di quegli eventi a cui la mia famiglia non poteva mancare. Si partiva dal Molo Beverello a Napoli, in terza classe con la motonave “Ischia” (si era alla fine degli anni ’50, gli anni precedenti, si partiva dall’Immacolatella vecchia a bordo di barconi in legno come l’Ondina), e dopo circa due ore di viaggio, con sosta a Procida, si giungeva a Ischia.
L’approdo era al molo di Ischia Ponte, si attraversava il borgo fino alla Mandra, dove ci attendeva zia Nannina. Era per lei che si andava, era la sua festa. Zia Nannina, sorella di mia madre, abitava con il marito, lo zio avvocato, in una grande casa che dava proprio sulla spiaggia dei Pescatori. C’era posto per tutti, me, mia madre, le mie sorelle, mentre mio fratello grande era già da tempo a Ischia, ma lui viveva stabilmente sul Castello e lo si vedeva raramente.
Il mio sogno di ragazzo dodicenne, era, naturalmente, quello di poter passare la maggior tempo sul Castello, un luogo per me incantato, affascinante, nella casa di mio cugino Giovan Giuseppe detto “capicchione“. Il giorno della festa di S. Anna, era tradizione la gita di zia Nannina e io che ero il più piccolo dovevo accompagnarla, volente o nolente, anche se in fondo mi divertiva. La mattina presto arrivava una carrozzella guidata da un omino che si chiamava Gioacchino, da sempre era il fido cocchiere di zia Nannina; una vecchia cavalla (di cui non ricordo il nome, o forse non lo aveva neppure), aveva il compito di trainarci.
Così, io a cassetta di fianco a Gioacchino, zia Nannina comodamente seduta nella carrozza, si partiva, piano piano, lemme lemme, ci si dirigeva verso Ischia Porto, poi Casamicciola, Lacco Ameno, Forio. Qui si sostava per far riposare il cavallo e anche noi si faceva colazione. Dopo un po’ si prendeva la via del ritorno. Si giungeva alla Mandra al primo pomeriggio dove trovavamo il pranzo pronto che mia madre aveva preparato. Al pomeriggio, dopo la rituale pennichella, scappavo verso il Castello, dove preparavamo l’incendio. Non vedevo l’ora, potevo addirittura restare a dormire, vista l’ora tarda.
Da sopra il Castello ci godevamo tutta la festa, facevamo l’incendio, gurdavamo dall’alto le barche, ammiravamo i fuochi dagli scogli di S,Anna. Poi la festa finiva e tutta tornava nella normalità, mia madre con le sorelle dopo qualche giorno tornavano a Napoli, mentre io facevo di tutto, riuscendoci, per restare ancora a Ischia. Ma questa è un’altra storia.